Comprare casa con i Bitcoin: è possibile? Applicazione della normativa antiriciclaggio.

Ciò che ha evidenziato il CNN, è stata la perplessità circa la caratteristica fondamentale della tipologia di transazione che soggiace al Bitcoin: l’anonimato.

di Manuel Costa

Se stai leggendo questa pagina è perchè hai così tanti Bitcoin (o qualsiasi altra criptovaluta) da balenarti per la testa l’idea di comprarci casa, giusto? o magari non ne hai ancora così tanti da comprarla, ma quanto basta per iniziare a valutare l’idea di farlo, non è vero?

Hai dubbi circa l’applicazione della normativa antiriciclaggio (ne ho parlato qui) e, più in generale, della validità legale di una compravendita in criptovalute, ammettilo. Bene, sei nel posto giusto e con questo articolo cercherò di darti qualche indicazione concreta del caso.



BitCoin e Antiriclaggio.


La questione circa l’eventuale pagamento del prezzo di un bene immobile in bitcoin (o altra criptovaluta), in riferimento alle norme antiriciclaggio, è stata oggetto di discussione ,qualche mese addietro, da parte del CNN (Consiglio Nazionale Notariato) attraverso la risposta al Quesito Antiriciclaggio n. 3-2018/B.

La fattispecie oggetto del parere era la seguente: “la società Alfa, parte venditrice, e Tizio, parte acquirente, intendono stipulare un atto di compravendita avente ad oggetto un bene immobile ad un prezzo che, seppur determinato in euro, verrebbe regolato in bitcoin”.

bitcoin

Ciò che ha evidenziato il CNN, è stata la perplessità circa la caratteristica fondamentale della tipologia di transazione che soggiace al Bitcoin: l’anonimato e, di conseguenza, l’apparenza (e non la certezza) della transazione in sè.

Sebbene il sistema bitcoin risulti essere, oramai senza alcuna remora anche da parte dei più scettici, un innovativo sistema elettronico di pagamento il quale ambisce di realizzare il cosiddetto “contante digitale”, non si può non rilevare il deficit di tracciamento e di identificazione dei soggetti che effettuano le transazioni.

Infatti, a differenza di una transazione in contanti (in cui il pubblico ufficiale può essere testimone di una traditio che avviene in sua presenza) l’operazione in bitcoin costituisce una transazione definita apparente in quanto proveniente da un “conto” dichiarato proprio da parte dell’acquirente, ad un altro conto del quale il venditore asserisce la titolarità, ma il tutto senza che possa esservi il minimo riscontro della veridicità di tali dichiarazioni.


Tracciabilità del BitCoin.


E’ proprio questo tema relativo alla tracciabilità del bitcoin a costituire il fulcro della normativa (e della conseguente applicazione) circa la normativa/obblighi antiriciclaggio.

Specifichiamo che le operazioni in Bitcoin/criptovalute sono tracciabili solamente in senso informatico. Cosa significa? Semplice:
in una banca dati, denominata blockchain, vengono registrate tutte le transazioni avvenute, attraverso la memorizzazione di stringhe alfanumeriche, ognuna delle quali corrispondente alla relativa operazione.

Non vi è, pertanto, una “identificazione” dei soggetti che pongono in essere la transazione, poichè il sistema si fonda sulla mera verifica di credenziali informatiche. “L’utilizzo di un sistema informatico non può mai garantire, pertanto, l’identità del soggetto che effettua un accesso, essendo tale sistema unicamente programmato per abilitare determinate funzioni qualora l’utente sia provvisto delle corrette informazioni di sblocco (pin, codici, etc.)”.

Ne deriva, dunque, la non idoneità all’assolvimento degli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggioin quanto non consente di risalire al titolare del portafoglio virtuale” (il c.d. “titolare effettivo”).

Infatti, ai sensi degli artt. 17 ss. D.Lgs. 231/2007, i soggetti destinatari della normativa antiriciclaggio hanno l’obbligo di indentificare e verificare l’identità del titolare effettivo, cioè “la persona fisica o le persone fisiche, diverse dal cliente, nell’interesse della quale o delle quali, in ultima istanza, il rapporto continuativo è istaurato, la prestazione professionale è resa o l’operazione è eseguita” (art. 1, comma 2, lettera pp), D.Lgs. 231/2007).

Considerata l’impossibilità di ottemperanza agli obblighi in questione, “i soggetti obbligati che si trovano nell’impossibilità oggettiva di effettuare l’adeguata verifica della clientela, […] si astengono [raccomanda il CNN] dall’instaurare, eseguire ovvero proseguire il rapporto, la prestazione professionale e le operazioni” (art. 42 D.Lgs. 231/2007).


Acquisto di beni tramite valuta virtuale.


Altro quesito ricorrente:
può costituire violazione dell’art. 49 D.Lgs. 231/2007 (il quale vieta il trasferimento di denaro contante effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi per importi pari o superiori a euro 3.000) l’acquisto di beni e servizi tramite valuta virtuale?

La citata norma prevede che i pagamenti in denaro contante per importi superiori a euro 3.000 deve avvenire per il tramite di banche, Poste italiane S.p.a, istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento; pertanto il pagamento in valuta virtuale per importi superiori alla soglia potrebbe addirittura porsi in contraddizione con il summenzionato precetto.

bitcoin

Tuttavia, occorre evidenziare come il legislatore abbia previsto il limite di importo solo per il denaro contante, per tale intendendosi “le banconote e le monete metalliche, in euro o in valute estere, aventi corso legale” (art. 1, comma 2, lettera o), D.Lgs. 231/2007) e non anche per le valute virtuali.

Infatti, come anche evidenziato dal CNN nel documento sopra citato “il riferimento del legislatore non poteva che essere rappresentato dalla moneta “fisica” e che, ad oggi, pur nell’ottica di voler riconoscere ai bitcoin la qualificazione di “contante digitale”, un’eventuale interpretazione evolutiva delle norme in parola sarebbe comunque inimmaginabile.

Fermo ciò, se la finalità delle norme sul limite all’uso del contante è garantire la tracciabilità delle operazioni al di sopra di una certa soglia, attraverso la canalizzazione dei flussi finanziari presso banche, Poste S.p.A., istituti di pagamento ed istituti di moneta elettronica, le considerazioni svolte in ordine alle caratteristiche intrinseche del sistema bitcoin indurrebbero a ritenere che l’impiego di tale sistema neghi a monte la ratiodi tali norme”.


In conclusione.


Dunque, andando al sodo, alla luce di quanto sopra esposto, il CNN ritiene inapplicabile il divieto di cui all’art. 49 D.Lgs. 231/2007 (divieto del trasferimento di denaro contante effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi per importi pari o superiori a euro 3.000) poiché in presenza di diverse e non assimilabili valute (contanti e valuta virtuale). Pertanto l’istituto giuridico cui si può ricondurre il “pagamento” in bitcoin è quello della permuta di beni.

Manuel Costa


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