Il licenziamento: definizione, requisiti ed impugnazione.

Per “licenziamento” si intende l’atto attraverso cui il datore di lavoro recede unilateralmente dal contratto di lavoro stipulato con il proprio dipendente. Esso può avvenire per giusta causa, giustificato motivo oggettivo o giustificato motivo soggettivo.

di Avv. Manuel Costa

Il termine licenziamento, come poc’anzi accennato, rimanda alla situazione giuridico-fattuale in cui si verifica il recesso dal contratto di lavoro esercitato – in via unilaterale – dal datore di lavoro. Tuttavia, in favore della “parte contrattuale debole”, ovverosia il lavoratore, nonché al fine di garantire la stabilità e la continuità del posto di lavoro, la legge prevede numerosi limiti all’esercizio di tale potere, ispirati ad esigenze di tutela e di garanzia.


IL REGIME GIURIDICO DEL LICENZIAMENTO


L’affermazione dei principi costituzionali, nel 1947, dell’uguaglianza sostanziale (art. 3, co.2) e della tutela del lavoro (artt. 4 e 41, co. 2) ha posto le basi per il promulgamento di una legge che prevedesse il divieto dei licenziamenti immotivati. Ed infatti, la L.604 del 1966, pur mantenendo intatta la libertà di dimissioni, ha sancito l’illegittimità dei licenziamenti intimati senza una giusta causa o un giustificato motivo (trovando, però, applicazione solamente nelle imprese con un numero di dipendenti superiori a 35).

Successivamente è intervenuta la L.300 del 1970 (Statuto dei lavoratori) a tutelare l’effettiva stabilità del rapporto di lavoro prevedendo, per il tramite dell’art. 18, la reintegrazione – del lavoratore illegittimamente licenziato – nel posto di lavoro.

Più recentemente, per mezzo della L.108 del 1990, la disciplina di cui alla L.604/1966 è stata estesa anche alle aziende di piccole dimensioni (numero di dipendenti inferiori a 35) mentre la tutela ex art. 18 dello Statuto dei Lavoratori ha trovato applicazione per le imprese con un numero di dipendenti pari o superiore a 15.


Nel 2012 è intervenuta la riforma al regime giuridico dei licenziamenti, grazie alla L.92/2012 (Legge Fornero)

Essa ha posto fine all’unicità del regime della “tutela reale” (ovverosia la reintegrazione nel posto di lavoro) previsto per tutti i casi di illegittimità del licenziamento (nullità, annullamento ed inefficacia).

Pertanto, dall’entrata in vigore della riforma de quo, i dipendenti di aziende con più di 15 dipendenti hanno diritto unicamente ad una tutela di tipo risarcitorio. Rimane invariato, invece, il regime di tutela obbligatoria dei licenziamenti illegittimi nelle imprese fino a 15 dipendenti (ex art. 8 della L.604/1966).

Da ultimo, nel 2015 è intervenuto il D.Lgs. 23/2015 (su delega della legge 183/2014 – Jobs Act) al fine di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte degli inoccupati prevedendo, per le nuove assunzioni, un contratto a tutela crescente (cosiddetto CATUC) il quale, sostanzialmente, prescrive quanto segue:

l’esclusione della reintegrazione nel posto di lavoro ed il riconoscimento di un indennizzo crescente con l’anzianità di servizio nel caso di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (licenziamenti economici);

– il diritto del lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro nelle ipotesi di licenziamenti nulli e discriminatori (ed in alcune specifiche fattispecie di licenziamenti disciplinari).

Sostanzialmente è stato introdotto un sistema sanzionatorio dei licenziamenti illegittimi che si affianca a quello contenuto negli artt. 18 della L. 300/1970 ed 8 della L. 604/1966


Attualmente, dunque, la disciplina dei licenziamenti illegittimi si basa su due pilastri normativi:

i) da un lato le disposizioni di cui all’art. 18 della L. 300/1970 e dell’art. 8 della L. 604/1966;

ii) dall’altro lato le disposizioni di cui al D.Lgs. 23/2015. Proprio queste ultime, infatti, finiranno con il costituire la principale normativa di riferimento (da applicare) in caso di licenziamento illegittimo man mano che, con il trascorrere degli anni, la maggioranza dei rapporti di lavoro instaurati in una data antecedente all’entrata in vigore della medesima norma e, per l’effetto, ancora soggetti alle disposizioni di cui al punto i) precedente, andranno a cessare.


I REQUISITI DEL LICENZIAMENTO: SOSTANZIALI E FORMALI


La disciplina del licenziamento sin qui esposta, trova applicazione esclusivamente nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato ed impone (ai fini della legittimità del recesso datoriale) il rispetto dei requisiti sia sostanziali che formali.

I requisiti sostanziali rappresentano l’obbligatorietà della presenza di una causa che giustifichi il licenziamento: tale atto di recesso, infatti, non può che avvenire per giusta causa (art. 2119 c.c.) o per giustificato motivo – oggettivo o soggettivo – (art. 1 L.604/1966).

I requisiti formali, invece, afferiscono unicamente ai vizi di forma, contenuto e di procedura della comunicazione del licenziamento, differenti di volta in volta a seconda della causa giustificatrice del recesso.


IL LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA


La giusta causa, sostanzialmente, è rappresentata da qualsiasi causa che impedisca la prosecuzione, anche in via provvisoria, del rapporto di lavoro. Afferisce alla condotta posta in essere dal lavoratore e ricomprende non solo qualsiasi violazione grave ed irreparabile degli obblighi contrattuali (o regolamentari) assunti e sottoscritti dal lavoratore, ma anche qualsiasi fatto idoneo a ledere in maniera insanabile il legame fiduciario con il datore di lavoro.

Qualche mese fa abbiamo illustrato, a tal proposito, la legittimità del licenziamento di un lavoratore che aveva utilizzato il social network Facebook sul posto di lavoro per parecchio tempo, facendo venir meno il rapporto fiduciario con il datore di lavoro: clicca qui per leggere “Licenziamento causa Facebook: è legittimo?

Pertanto, dalla medesima impossibilità di proseguire il rapporto di lavoro tra datore e dipendente, ne deriva la possibilità che il licenziamento per giusta causa sia comunicato senza alcun preavviso (fatti salvi i doveri di tempestività ed immediatezza nella sua adozione).

Al licenziamento per giusta causa si applica l’art. 7 della L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori) il quale prevede che, in caso di applicazione di tale rimedio datoriale conseguente ad un illecito disciplinare posto in essere dal dipendente, deve procedersi ad una preventiva e specifica contestazione dell’addebito nei confronti del lavoratore interessato, al fine di garantire il diritto di difesa e di contraddittorio.


IL LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO


Il giustificato motivo soggettivo rappresenta il grave inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore, di ingente importanza tale da compromettere gli interessi di impresa ascrivibili alla sfera datoriale.

Differentemente dal licenziamento per giusta causa, sebbene anche esso debba essere reso tempestivamente, la legge disciplina un obbligo di preavviso la cui durata è disciplinata, in base al settore produttivo, dalla contrattazione collettiva.

Anche nel caso del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, si applica l’art. 7 della L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori) il quale prevede una necessaria, preventiva e specifica contestazione (da parte del datore di lavoro) dell’addebito nei confronti del lavoratore interessato, al fine di garantire il diritto di difesa e di contraddittorio.


IL LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO


Il giustificato motivo oggettivo, da ultimo, rappresenta la possibilità concessa al datore di lavoro di recedere unilateralmente dal contratto stipulato con il proprio dipendente in virtù di ragioni inerenti all’attività produttiva e/o all’organizzazione del lavoro (nonché al regolare funzionamento di essa).

Gli interessi dei lavoratori alla conservazione del posto di lavoro, insomma, vengono meno non solo in presenza di un inadempimento (grave o notevole) degli stessi ma anche dinanzi ad esigenze tecnico-produttive e a scelte organizzative dell’impresa.

Vi possono essere, infine, situazioni e vicende rientranti nella sfera personale del lavoratore, di così grave importanza a tal punto da venire in rilievo come giustificati motivi oggettivi di licenziamento (solo quando incidano in qualche modo sul corretto funzionamento dell’organizzazione aziendale come, ad esempio, ai casi di sopravvenuta inidoneità fisica).

Anche il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è subordinato al preavviso.


OBBLIGO DI REPECHAGE

il datore di lavoro, prima di procedere a un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, deve verificare se e come il lavoratore possa essere utilizzato in altre posizioni equivalenti. Qualora non si rinvenisse una possibilità di utilizzo alternativo, si potrà procedere al licenziamento.

Si parla, a tal proposito, di obbligo di repechage, da intendersi come tipologia di licenziamento in extrema ratio.


L’IMPUGNAZIONE DEL LICENZIAMENTO


La L. 604/1966 disciplina le modalità di impugnazione del licenziamento.

Il lavoratore, nel termine di decadenza di 60 giorni dalla ricezione della comunicazione in forma scritta del licenziamento, deve impugnare il licenziamento con qualsiasi atto scritto (anche stragiudiziale) idoneo a rendere nota la sua volontà.

L’art. 6 della summenzionata Legge prevede che l’impugnazione può anche avvenire attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale cui appartiene il lavoratore licenziato.

Entro i successivi 180 giorni – pena l’inefficacia dell’impugnazione – il lavoratore deve depositare il ricorso giudiziale ovvero comunicare alla controparte la richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.

Qualora la conciliazione o l’arbitrato venissero rifiutati o, ulteriormente, non dovesse essere raggiunto un accordo, entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo deve essere depositato – pena la decadenza – il ricorso giudiziale.

Infine, al datore di lavoro è data la possibilità di revocare il licenziamento entro il termine di 15 giorni dal ricevimento della comunicazione dell’avvenuta impugnazione da parte del lavoratore. Tale revoca ha l’effetto di ripristinare il rapporto di lavoro senza soluzione di continuità e, pertanto, il lavoratore ha diritto a ricevere la retribuzione maturata nel periodo precedente la revoca.


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