L’invalidità del contratto

Un negozio giuridico è invalido quando risulta viziato per l’inosservanza dei limiti che l’ordinamento giuridico stabilisce per l’attuazione dell’autonomia privata. L’invalidità può assumere tre aspetti: nullità, annullabilità e rescindibilità.

Di Redazione Compliance Legale


LA NULLITA’ DEL CONTRATTO


La nullità è la forma più grave di invalidità. Il negozio nullo è invalido e, altresì, inefficace, ovverosia inidoneo a produrre i suoi effetti “tipici” (quod nullum est nullum productum effecit).

Le cause di nullità del contratto possono essere così ricapitolate in estrema sintesi:

Quando manca uno degli elementi essenziali previsti dall’art. 1325 (accordo, oggetto, causa e forma quando questa è richiesta ad substantiam).

Quando il contratto è illecito; ossia quando è contrario a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume. L’illiceità può ricadere sull’oggetto, sulla causa, o anche sui motivi, a patto però che questi siano stati l’unica ragione per la quale le parti contraenti abbiano portato a termine la stipulazione.

Illecito – e quindi nullo- è anche il contratto in frode alla legge, ossia il contratto concluso al fine di eludere l’applicazione di una norma imperativa (ad es. una vendita con patto di riscatto per aggirare il divieto del patto commissorio).

Quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente.

Negli altri casi stabiliti dalla legge.


AZIONE DI NULLITA’


Il negozio nullo è caratterizzato da originaria e definitiva inefficacia.

Tuttavia, il fatto che non produca alcun effetto, non significa che il contratto non possa essere eseguito. La nullità di un atto può essere pacifica tra le parti, ma possono anche sorgere delle contestazioni da parte di una o di entrambe che ne pretendano l’esecuzione.

Per accertare e far valere la nullità dell’atto posto in essere, è necessaria una sentenza dichiarativa del giudice; questo significa che un contratto può restare nullo senza che nessuno ne richieda l’accertamento, o perché nessuno ne pretende l’esecuzione, o perché l’esecuzione si svolge egualmente senza contestazioni.

La domanda di accertamento al giudice può essere proposta anche sotto forma di eccezione laddove sia la controparte ad assumere l’iniziativa.

L’azione di nullità presenta le seguenti caratteristiche:

  1. è imprescrittibile data la gravità del vizio (quod nullum est non potest tractu temporis convalescere); questa è la più evidente differenza rispetto all’azione di annullamento.
  2. l’imprescrittibilità non può essere resa inutile da una convalida del negozio, che è assolutamente nulla: il negozio nullo non può essere sanato. La nullità sanziona interessi di carattere generale, l’annullabilità interessi di carattere privato, ed è per questo che un contratto nullo non può essere convalidato, mentre un contratto annullabile si (nel primo caso infatti le parti non sono portatrici di alcun interesse meritevole di tutela per l’ordinamento). Questa regola generale ammette deroghe tassativamente previste dalla legge.
  3. l’azione di nullità è un’azione di mero accertamento, perché la sentenza non modifica una situazione preesistente, ma si limita ad accertare, in modo non più controvertibile, che il negozio è nullo.
  4. legittimazione attiva ad agire è riconosciuta alle parti o a chiunque vi abbia interesse (assolutezza dell’azione di nullità). Anche questo principio vale salvo disposizioni contrarie (che ad esempio, restringano la sfera dei soggetti legittimati ad esperire l’azione: in tal caso si parlerà di relatività dell’azione).
  5. La nullità di un atto è rilevabile d’ufficio dal giudice; il che significa che su richiesta di una sola delle parti si potrà dichiarare nullo l’atto in questione, seppure in assenza di una domanda in tal senso da parte dell’altro contraente.

PRINCIPI DI CONSERVAZIONE DEL CONTRATTO


Il vizio che determina nullità può investire l’intero negozio (nullità totale) ovvero una o più clausole dell’atto (nullità parziale).

In questo secondo caso il contratto è interamente travolto da nullità, se ne risultano pregiudicati i suoi aspetti essenziali (se cioè si dimostra che i contraenti non l’avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità). Naturalmente la valutazione dell’essenzialità o meno della parte viziata va condotta in relazione a quello che sarebbe il comportamento dell’uomo medio.

Tuttavia, se risulta che le clausole invalide avevano un valore meramente accessorio, la nullità di esse non inficia la rimanente parte –valida ed efficace- del contratto (utile per inutile non vitiatur = l’atto rimane valido per la parte non viziata).

Tanto meno la nullità di singole clausole travolge il resto del negozio, quando è lo stesso legislatore ad aver previsto l’automatica sostituzione delle clausole invalide con le clausole imposte dalla legge.

È considerato principio di conservazione anche l’istituto della conversione: il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di forma e sostanza, qualora, avuto riguardo all’interesse delle parti, sia da ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto le cause di nullità. Chiaramente difficile da dimostrare è tale volontà ipotetica delle parti, dovendosi dimostrare non qualcosa di realmente accaduto, bensì quanto le parti avrebbero potuto volere se fossero state a conoscenza di tale nullità.

Diversamente dalla rinnovazione, in cui le parti pongono in essere un nuovo negozio privo del vizio che rendeva invalido il primo, la conversione non esige una nuova manifestazione di volontà, in quanto è l’ordinamento che attribuisce al negozio voluto dalle parti, ma nullo come tale, gli effetti di un negozio giuridico diverso.


L’ANNULLABILITA’


L’annullabilità è un’anomalia del contratto di minore gravità. Essa deriva dall’inosservanza delle regole che, pur dettate nell’interesse generale, mirano a proteggere particolarmente le parti (incapacità e vizi della volontà di uno dei contraenti).

Il negozio annullabile produce tutti gli effetti a cui era diretto (efficacia interinale o precaria del negozio annullabile), ma tali effetti vengono meno nel caso che venga accolta la richiesta di annullamento.

Le cause di annullabilità del contratto sono così sintetizzabili:

se al momento della stipulazione una delle parti era incapace di agire. Il contratto concluso dall’incapace naturale invece, può essere annullato solo nel caso in cui l’altro contraente fosse in mala fede.

se il consenso di una delle parti deriva da suo errore o è stato estorto con dolo o violenza.

Negli altri casi previsti dalla legge.

Con riferimento a quanto sopra, si specifica che l’errore può essere di due tipi:

  1. errore vizio, che incide sul processo di formazione della volontà; consiste in una falsa rappresentazione della realtà che induce il soggetto a concludere un contratto che altrimenti non avrebbe concluso.
  2. errore ostativo, che ricade sulla manifestazione della volontà che, in questo caso, si è formata esattamente. Questo non è propriamente un vizio del consenso, in quanto è la dichiarazione della volontà del soggetto che non corrisponde a ciò che effettivamente voluto dallo stesso.

Perché l’errore sia causa di annullabilità, deve essere essenziale e riconoscibile.

È essenziale quando:

  • ricade sulla natura o oggetto del contratto;
  • ricade sull’identità dell’oggetto della prestazione o su qualità (o quantità) di esso determinanti del consenso;
  • ricade sull’identità della persona della controparte, sempre che questa sia determinante per il consenso;
  • è altresì essenziale l’errore di diritto, ossia l’errore che deriva da una falsa convinzione circa l’esistenza, l’applicabilità e gli effetti di una certa norma, essenziale ai fini del consenso.

È riconoscibile quando una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo. In tal senso la riconoscibilità è un limite alla tutela della parte caduta in errore, poiché in tal caso il legislatore privilegia l’affidamento dell’altro contraente.


IL DOLO


Il dolo consiste nell’inganno ordito da una parte al fine di indurre l’altra a concludere il contratto.

Diversi casi:

  • quando i raggiri di uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, non vi sarebbe stata alcuna stipulazione, si ha dolo determinante.
  • quando il dolo consiste nell’omettere una certa notizia fondamentale ai fini della stipulazione, si ha dolo omissivo.
  • quando i raggiri sono compiuti da un terzo, il contratto è annullabile solo se si dimostra che la parte che ne ha tratto vantaggio era a conoscenza dell’inganno: dolo del terzo. Se invece era in buona fede, viene privilegiato l’affidamento fatto da questo sulla stipulazione.
  • quando l’inganno non è determinante per il consenso, ma incide sul contenuto del contratto, tale per cui se la parte fosse stata a conoscenza del dolo avrebbe comunque concluso il contratto, ma a condizioni diverse; il contratto dovrà ritenersi valido, ma il contraente in mala fede dovrà risarcire i danni alla controparte: dolo incidente (ad esempio nel caso in cui un soggetto modifichi i Km dell’auto che vuole vendere ingannando la controparte che, se fosse stata a conoscenza degli effettivi Km della vettura, l’avrebbe acquistata a un prezzo inferiore).

LA VIOLENZA


Consiste nella minaccia di un male ingiusto che induce un soggetto a stipulare un contratto non voluto. Normalmente si parla di violenza morale, ossia della coazione psichica che agisce sulla volontà della vittima; altrimenti si parlerà di violenza fisica (caso, ad esempio, di colui che guida la mano della vittima nella sottoscrizione di un atto), che determina nullità, data l’assoluta mancanza di un atto imputabile al soggetto.

La violenza è causa di annullamento anche quando il male minacciato non riguarda direttamente il contraente, ma suoi affini (coniugi, figli e parenti), mentre se riguarda altri soggetti (es. un amico), l’annullamento è rimesso alla valutazione delle circostanze da parte del giudice.

Il contratto infine è annullabile anche se la violenza è esercitata da un terzo; in tal caso non si richiede che il contraente avvantaggiato dalla stipulazione, fosse a conoscenza della minaccia, dal momento che la violenza si ritiene comunque più grave del dolo.

Perché la violenza determini annullabilità, si richiede che:

  • il male minacciato sia un male ingiusto (cioè ingiustificatamente lesivo di un interesse tutelato dall’ordinamento o di diritti patrimoniali);
  • la minaccia sia tale da incutere timore in un c.d. uomo medio;
  • il male minacciato sia più grave del danno subito dalla vittima.

Anche la minaccia di far valere un diritto, quando ciò è diretto ad ottenere vantaggi ingiusti, può determinare annullabilità.


L’AZIONE DI ANNULLAMENTO


L’azione presenta le seguenti caratteristiche:

  • l’azione è costitutiva (come lo è la sentenza del giudice), in quanto non si limita a far accertare la situazione preesistente, ma mira a modificarla: il negozio aveva prodotto i suoi effetti, la sentenza li elimina (retroattivamente).
  • la legittimazione a chiedere l’annullamento dell’atto spetta solo alla parte nel cui interesse l’invalidità è prevista dalla legge (relatività dell’azione).
  • l’annullabilità di un atto non può esser rilevata d’ufficio dal giudice; siccome l’atto, se non è impugnato, è di per sé produttivo dei suoi effetti, il giudice non può pronunciare l’annullamento in assenza di un’apposita domanda di parte.
  • l’azione di annullamento è soggetta a prescrizione; di regola tale termine è di cinque anni, ma possono essere stabiliti termini diversi. Il tempo inizia a decorrere dal momento in cui è cessata la causa che ha dato luogo al vizio. L’onere di provare che la cessazione della violenza, la scoperta dell’errore o del dolo, si sono verificate entro i cinque anni anteriori alla richiesta di annullamento, spetta a chi agisce per far valere il vizio dell’atto. Mentre l’azione di annullamento è sottoposta a prescrizione, la corrispondente eccezione può essere opposta in qualunque tempo; se così non fosse, la parte interessata potrebbe attendere il decorso della prescrizione senza far mai valere l’atto viziato, per poi richiederne l’adempimento dopo i cinque anni (principio della perpetuità dell’eccezione).
  • l’annullabilità è sempre sanabile, o tramite la prescrizione o attraverso la convalida del negozio. La convalida è un atto unilaterale con cui la parte legittimata a proporre l’azione di annullamento si preclude la possibilità di far valere il vizio, in quanto conferma il contratto invalido, rendendolo definitivamente efficace. La convalida, per produrre i suoi effetti, non deve essere affetta dallo stesso vizio che inficiava il negozio annullabile. È chiaro inoltre che la convalida necessita, per la sua validità, della conoscenza del vizio che colpisce il negozio. La convalida può essere espressa o tacita. Nel primo caso deve contenere la dichiarazione di voler convalidare il negozio annullabile, con menzione al contratto stesso e alla causa di annullabilità. La seconda si verifica quando il negozio annullabile viene volontariamente eseguito dalle parti, nonostante queste fossero a conoscenza della causa di invalidità.
  • in caso di annullabilità per errore, l’azione è preclusa se la controparte offre la rettifica del contratto, e cioè offre di eseguirlo in modo conforme alla volontà della parte caduta in errore.

EFFETTI DEL NEGOZIO ANNULLATO


Occorre innanzitutto distinguere tra gli effetti tra le parti del negozio annullato e nei confronti dei terzi.

Quando parliamo di effetti tra le parti, l’azione di annullamento ha efficacia retroattiva, cioè si considera come se il negozio non avesse prodotto alcun effetto.

Nei confronti dei terzi, invece, la sentenza di annullamento è opponibile solo alle seguenti condizioni:

  • se l’annullamento dipende da incapacità legale (che avrebbero dovuto conoscere, in quanto facilmente accertabile);
  • se il terzo ha acquistato a titolo gratuito;
  • se il terzo era in mala fede, ossia se sapeva che il suo dante causa aveva acquistato in base ad un contratto annullabile;
  • se, pur avendo acquistato in buona fede, il terzo ha trascritto l’acquisto solo dopo la trascrizione della domanda di annullamento (se si tratta di atti immobiliari).

RESCINDIBILITA’


È una forma di invalidità del contratto a tutela di chi abbia concluso una stipulazione a condizioni inique per il suo stato di bisogno o di pericolo.

Quanto allo stato di pericolo, si richiede che:

  1. una parte sia stata spinta a contrarre dalla necessità di salvare se o altri da un danno grave alla persona (non sarebbe invece sufficiente un pericolo riguardante delle cose);
  2. tale necessità fosse nota alla controparte;
  3. le condizioni del contratto fossero inique.

Il contratto è rescindibile anche se lo stato di pericolo è stato causato volontariamente o era evitabile. In questo caso, l’art. 1447 stabilisce che il giudice potrà assegnare, secondo le circostanze, un equo compenso al soccorritore, poiché la prestazione è di per sé meritevole di ricompensa.

Quanto allo stato di bisogno, si richiede che:

  1. tra le due prestazioni vi sia una sproporzione tale per cui il valore di una sia inferiore alla metà del valore dell’altra (calcolati con riferimento al tempo di conclusione del contratto): laesio enormis o ultra dimidium. La lesione deve perdurare fino al tempo in cui la domanda è proposta; la lesione inoltre non è concepibile per quei contratti aleatori, a cui è connaturata la possibilità di una simile sproporzione.
  2. tale sproporzione rappresenti le condizioni inique alle quali una parte abbia accettato di stipulare il contratto per il suo stato di bisogno, del quale la controparte abbia consapevolmente approfittato. Lo stato di bisogno, che non significa assoluta indigenza, può bensì trattarsi di semplice difficoltà economica, si distingue dallo stato di pericolo in quanto il primo consiste in una mera difficoltà; il secondo implica invece una situazione di – più grave – necessità.

AZIONE DI RESCISSIONE


Le principali caratteristiche della azione di rescissione sono:

  • l’azione spetta solo a colui che ha contratto a condizioni inique (legittimazione relativa);
  • si prescrive in un anno (a far data dalla stipulazione del contratto) e non vi è la possibilità di opporre alcuna eccezione dopo il decorso di tale tempo;
  • dà luogo ad una sentenza costitutiva;
  • la sentenza che accoglie l’azione ha efficacia retroattiva, ma non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, indipendentemente dalla buona o mala fede di questi (salva però l’applicazione dei principi della trascrizione della domanda);
  • il contraente contro cui è proposta l’azione, può evitarla impegnandosi ad eliminare lo squilibrio che ne costituisce il fondamento (offerta di riconduzione ad equità);
  • il contratto rescindibile non può essere convalidato.

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