Le principali novità introdotte dal decreto semplificazioni bis alla disciplina dei contratti pubblici

Il nuovo decreto semplificazioni, introdotto dal d.l. 31 maggio 2021, n. 77, recante “Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure” e presto ribattezzato “Decreto Semplificazioni-bis” (consulta il testo ufficiale qui), per aver fatto seguito al decreto semplificazioni di cui al decreto legge n. 76 del 2020, ha alla base l’intento di garantire la corretta e tempestiva realizzazione degli interventi previsti nel PNRR ed è in questa prospettiva che devono essere lette, anzitutto, quelle disposizioni introdotte con l’obiettivo di incentivare, vuoi l’appaltatore vuoi la stessa stazione appaltante, a ridurre i tempi di conclusione degli interventi. Il testo del decreto legge, che il parlamento è chiamato ora a convertire in legge entro 60 giorni dalla pubblicazione in gazzetta ufficiale, tuttavia, contiene diverse novità che incidono sulla disciplina dell’affidamento e dell’esecuzione dei contratti pubblici che, prima di conoscere le modifiche (da vedere quanto incisive) che verranno apportate in sede di conversione, pare il caso di passare, qui di seguito, brevemente in rassegna.

di Avv. Fausto Gaspari

Lo sveltimento dei tempi di realizzazione degli interventi


Come si diceva, il prioritario obiettivo perseguito dal decreto è quello di rispettare i tempi di realizzazione degli interventi previsti dal PNRR. Centrale, a questo riguardo, è l’art. 50 del Decreto Semplificazioni-bis, che al comma 2 riconosce agli organi apicali delle amministrazioni, in caso di mancato rispetto dei termini previsti dalla legge (quelli per la stipulazione del contratto, la consegna dei lavori, la costituzione del collegio consultivo tecnico, gli atti e le attività di cui all’art. 5 del primo decreto semplificazioni, nonché gli altri termini, anche endoprocedimentali, previsti dalla legge, dall’ordinamento della stazione appaltante o dal contratto per l’adozione delle determinazione relative all’esecuzione dei contratti pubblici PNRR e PNC), la facoltà di esercitare il potere sostitutivo entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto.

Con le stesse finalità, il comma 3 della stessa disposizione prevede che il contratto divenga efficace all’atto della stipula, senza che possa trovare applicazione il comma 12 dell’art. 32 del codice dei contratti pubblici, che diversamente sottopone il contratto alla condizione sospensiva dell’esito positivo dell’eventuale approvazione e degli altri controlli previsti dalle norme proprie delle stazioni appaltanti.

Significativo, poi, è il c.d. “premio di accelerazione”, introdotto dal comma 4 della stessa disposizione, riconoscendo alle stazioni appaltanti la possibilità di premiare l’appaltatore che porta a termine i lavori prima della data prevista nel contratto.

Con la medesima finalità di incentivare l’appaltatore a rispettare i tempi previsti dal contratto, lo stesso comma 4, infine, interviene sulle penali dovute per il ritardato adempimento, inasprendole: viene, infatti, tenuta ferma la soglia massima dell’1 per mille al giorno, ma viene innalzata quella minima dallo 0,3 allo 0,6 per mille dell’ammontare netto contrattuale ed il limite complessivo di tali penali, che passa dal 10 al 20 per cento dell’ammontare netto contrattuale.


Modifiche al decreto semplificazioni del 2020


L’art. 51 del nuovo Decreto Semplificazioni, inoltre, è intervenuto, modificando le disposizioni introdotte dal primo decreto semplificazioni, sulle procedure di affidamento dei contratti, attraverso l’estensione dell’applicazione di tali disposizioni fino al 30 giugno 2023. L’art. 1, co. 1 del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito in legge 14 settembre 2020, n. 120, infatti, prevedeva che le procedure di affidamento disciplinate nei commi 2, 3 e 4 dovessero trovare applicazione agli appalti la cui “determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento sia adottato entro il 31 dicembre 2021” (ora, quindi, 30 giugno 2023).

Lo stesso art. 51, poi, attraverso una serie di richiami, interviene sulla disciplina introdotta dal primo decreto semplificazioni in relazione alle procedure per l’affidamento dell’appalto, modificando l’importo delle relative soglie. Per comprendere le modifiche apportate dall’art. 51 del d.l. n. 77 del 2021, quindi, che non può dirsi di pronta lettura, è necessario un passo indietro, per ripercorrere la disciplina introdotta meno di un anno fa dal legislatore.

Ebbene, il comma 2 dell’art. 1 del primo decreto Semplificazioni, dedicato alle procedure relative all’affidamento di contratti sotto-soglia di lavori, servizi e forniture, dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa la progettazione, prevede due tipologie di procedure:

a)     l’affidamento diretto per:

–       lavori di importo inferiore a 150.000 €;

–       servizi e forniture di importo inferiore a 75.000 €;

b)     la procedura negoziata senza bando di cui all’articolo 63 del Codice, previa consultazione:

–       di almeno 5 operatori per servizi e forniture di valore inferiore alle soglie europee e per lavori fino a 350.000 euro;

–       di almeno 10 operatori per lavori fino a 1 milione;

–       di almeno 15 operatori per lavori di valore sino alla soglia europea.

Il decreto Semplificazioni-bis ha modificato gli importi previsti per l’applicazione delle procedure sotto-soglia, portandola dai 75.000 € previsti dal legislatore del 2020 agli attuali 139.000 €.

La procedura prevede la previa pubblicazione, sui siti istituzionali delle stazioni appaltanti, di un avviso di indizione; gli operatori devono essere invitati in base ad indagini di mercato ed elenchi di operatori economici, nel rispetto del principio di rotazione degli inviti e della dislocazione territoriale degli invitati.

Quale conseguenza, risultano riparametrate le soglie previste per l’applicazione della procedura negoziata e viene meno la soglia intermedia per i lavori da 150.000 € a 350.000 €.

Resta invariato, invece, l’art. 1, co. 3 del primo d.l. Semplificazioni, che chiaramente ammette gli affidamenti diretti, prevedendo che questi ultimi possano essere realizzati tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga – in modo semplificato (come previsto dal legislatore per l’affidamento diretto di cui all’art. 36, comma 1, lett. a) del Codice) – gli elementi descritti nell’articolo 32, co. 2 del Codice (i.e. l’oggetto dell’affidamento; l’importo; il fornitore; le ragioni della scelta del fornitore; il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale; il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti).

Il Semplificazioni-bis proroga al 30 giugno 2023 anche la disciplina prevista per gli affidamenti sopra-soglia, per i quali – fatta eccezione per le ipotesi di cui ai commi 3 e 4 dello stesso art. 2 – di regola, le stazioni appaltanti procedono all’affidamento mediante procedura aperta, ristretta o – sussistendone i presupposti e previa motivazione – mediante procedura competitiva con negoziazione o dialogo competitivo. In ogni caso, per le procedure appena indicate troveranno applicazione le riduzioni dei termini procedimentali di cui agli articoli 60, co. 3, 61, co. 6, 62 co. 5, 74, co. 2 e 3 del codice dei contratti pubblici.

Rimane fermo, invece, quanto disposto dall’art. 2, co. 3 del d.l. Semplificazioni, ove è prevista l’applicazione della procedura negoziata senza bando (di cui agli art. 63 e 125 del Codice) nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti dagli effetti negativi causati dall’emergenza sanitaria o dalla sospensione delle attività da essa determinata, sia impossibile rispettare i termini delle procedure ordinarie, ancorché abbreviati, nonché nel caso di singoli operatori economici con sede operativa collocata in aree di preesistente crisi industriale complessa che, con riferimento a dette aree ed anteriormente alla dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria da COVID-19, abbiano stipulato con le amministrazioni competenti un accordo di programma ai sensi dell’articolo 252-bis del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Deve sottolinearsi, poi, come il nuovo decreto non abbia previsto la proroga della deroga introdotta dall’art. 2, co. 4 del d.l. Semplificazioni, secondo il quale, nei casi di cui al comma 3 (quelli appena descritti, per i quali resta ferma l’applicazione della procedura negoziata senza bando) e nei settori dell’edilizia scolastica, universitaria, sanitaria e carceraria, delle infrastrutture per la sicurezza pubblica, dei trasporti e delle infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali, lacuali e idriche, ivi compresi gli interventi inseriti nei contratti di programma ANAS-Mit 2016-2020 e RFI-Mit 2017 – 2021 e relativi aggiornamenti, nonché gli interventi funzionali alla realizzazione della transizione energetica, e per i contratti relativi o collegati ad essi, le stazioni appaltanti operino in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni delle norme antimafia nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’UE e dei principi previsti dagli articoli 30 (economicità, efficacia, tempestività e correttezza, libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità), 34 (sostenibilità energetica e ambientale) e 42 (conflitto di interesse) del codice dei contratti pubblici. 

Dal 1° gennaio 2022, pertanto, non troverà più applicazione tale generalizzata deroga ed il codice appalti troverà applicazione per quanto non espressamente derogato. La scelta, ad onor del vero comprensibile, di non prorogare tale regime derogatorio, probabilmente, deriva dalle criticità evidenziate sul punto dall’ANAC con il parere reso il 4 agosto 2020 sul testo del decreto legge (prima della sua conversione), con il quale la disposizione in esame è stata ritenuta “come molto critica e meritevole di una rivalutazione” (rivalutazione, poi, non operata dal legislatore in sede di conversione del decreto).

Secondo l’ANAC, in particolare, la formulazione dell’art. 2, co. 4 “esclude l’applicazione di qualsiasi altra disciplina tranne quella ivi espressamente richiamata”, ma tale formulazione impone “all’interprete un’attività non agevole volta ad individuare le norme applicabili al caso concreto”.

Per quanto attiene alla disciplina europea richiamata, infatti, l’ANAC ha rilevato che la scelta di indicare espressamente anche le direttive “consegna alle stazioni appaltanti che opereranno ai sensi del comma 4 una disciplina complessa”, considerato che la deroga prevista dal comma 4 dell’art. 2 comporterebbe la disapplicazione di alcune specifiche disposizioni del codice, “con conseguente creazione di un vuoto normativo da colmare a cura dell’interprete”, con la possibilità che vengano a crearsi comportamenti disomogenei da parte delle stazioni appaltanti.

In definitiva, se l’intenzione del legislatore è quella di semplificare quanto più possibile le procedure di affidamento e realizzazione delle opere previste nel PNRR, il mantenimento della predetta regola avrebbe rischiato di produrre, come evidenziato dall’ANAC e come reso evidente da alcuni precedenti giurisprudenziali (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I-quater, 31 marzo 2021, n. 3889), il risultato opposto, con una fisiologica complicazione dell’individuazione del quadro normativo applicabile.


Appalto integrato e subappalto


Le novità certamente più commentate nei giorni immediatamente successivi alla pubblicazione del decreto legge (ma già prima, sulla base delle bozze di decreto circolate nei giorni precedenti) sono quelle relative all’appalto integrato ed al subappalto. Si tratta delle modifiche, infatti, che maggiormente hanno inciso sulla disciplina sostanziale dei contratti pubblici, intervenendo significativamente sui due istituiti.

Quanto al primo, il nuovo Decreto Semplificazioni prevede la facoltà per le stazioni appaltanti di procedere, per gli investimenti pubblici finanziati con le risorse del PNRR e per i programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione Europea, all’affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione dei lavori sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica di cui all’art. 23, comma 5 del Codice dei Contratti Pubblici, in deroga, quindi, al codice dei contratti pubblici, che stabilisce il generale divieto di affidare congiuntamente la progettazione e l’esecuzione dell’opera.

La modifica, chiaramente, deve essere riguardata dalla prospettiva, comune a tutte le disposizioni introdotte con il decreto, di velocizzare le tempistiche di realizzazione degli interventi previsti dal PNRR, giacché l’affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione consente l’ottimizzazione dei tempi di realizzazione degli interventi. L’altra faccia della medaglia, che ha destato le critiche dei primi commentatori, è il venir meno della separazione dei ruoli fra progettista e costruttore, che il generale divieto previsto ordinariamente dal codice dei contratti prevede a garanzia della qualità dei lavori.

Quanto al subappalto, invece, il nuovo decreto semplificazioni distingue due tempi di applicazione delle modifiche:

–           fino al 31 ottobre 2021 trova applicazione il limite del 50 % dei lavori subappaltabili. Fino a quella data, quindi, la soglia di subappalto passa dall’attuale 40% al 50%. Nel corso del primo periodo di applicazione è vietata l’integrale cessione del contratto e l’affidamento a terzi dell’intera esecuzione delle prestazioni, nonché l’esecuzione prevalente delle lavorazioni ad alta intensità di manodopera. Al di là di questo, è necessario che il subappaltatore garantisca gli standard qualitativi previsti nel contratto di appalto e che riconosca ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale;

–           dal 1° novembre 2021 viene meno ogni limite quantitativo al subappalto e spetta alla singola stazione appaltante, sentita la Prefettura, stabilire quali lavorazioni possano essere affidate in subappalto in ragione dei concreti rischi, per la singola commessa, di infiltrazioni criminali. Sulla base di questo meccanismo, sarà possibile affidare in subappalto esclusivamente le prestazioni espressamente individuate dall’Amministrazione ed è prevista la responsabilità solidale verso la stazione appaltante del contraente principale e del subappaltatore.

La scelta del legislatore di eliminare ogni limite quantitativo al subappalto a partire dal 1° novembre 2021, evidentemente, più che dalla necessità di realizzare per tempo e correttamente gli interventi previsti nel PNRR, risente della procedura di infrazione n. 20218/2273 avviata dalla Commissione Europea nei confronti dell’Italia per la “mancata conformità del quadro giuridico alla direttive del 2014 in materia di contratti pubblici” e della giurisprudenza della Corte di Giustizia (cfr. della V sezione, C-63/18 del 26 novembre 2019), secondo cui la lotta alla criminalità organizzata – tradizionalmente alla base della previsione di limiti quantitativi di prestazioni subappaltabili – non è in grado di giustificare una limitazione sproporzionata del ricorso al subappalto, giacché per raggiungere l’obiettivo preteso sono previsti (e possono essere previsti) altri meccanismi e presidi normativi. Al netto di questo e della reale ratio dell’introduzione dell’intervento, sta di certo che sull’argomento regna al momento grave insicurezza e confusione. Da un lato, infatti, vi è l’ANAC (con il Comunicato del Presidente del 23 ottobre 2019 e con l’atto di segnalazione del 13 novembre 2019, n. 8), ha sollecitato l’esecutivo ad intervenire per allineare la disciplina interna alle indicazioni provenienti dalla Corte di Giustizia; dall’altro lato, restano le pronunce altalenanti del giudice nazionale (cfr. da ultimo la sentenza del 31 maggio 2021, n. 4150, con cui il Consiglio di Stato è tornato ad evidenziare il contrasto tra la disposizione interna ed il pertinente quadro normativo europeo), che rendono difficilmente decifrabile l’istituto in argomento.


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