Cessione del marchio: plusvalenza rateizzabile anche se non contabilizzato

La plusvalenza da cessione del marchio può essere rateizzata anche qualora il bene sia iscritto in bilancio, se non ci sono spese per l’acquisto o la produzione sostenute dal cedente.

di Fabrizio Crescenzi

È intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 19 del 4 febbraio 2020 all’ interpello di un’associazione di categoria dove precisa che il costo che si deve porre a confronto con il corrispettivo della cessione del marchio per la determinazione della plusvalenza è pari a zero.



L’INTERPELLO ALL’AGENZIA DELLE ENTRATE


L’associazione istante ha la titolarità di 3 marchi registrati rispettivamente nel 2011, 2012 e 2015 oltre a due domini internet entrambi registrati nel 2014 ed uno nel 2011. La stessa è titolare di un data base di informazioni di tipo anagrafico di visitatori ad uno specifico evento.

Nell’ istanza l’associazione precisa che le attività commerciali di cui allo scopo sociale sono svolte per il tramite di una Società a Responsabilità Limitata. La S.r.l possiede la licenza in esclusiva di tutti i beni immateriale di proprietà dell’associazione stessa. Con scrittura privata una Società per Azioni ha acquistato i diritti della S.r.l effettuando il pagamento in più annualità.

Con l’istanza di interpello l’associazione ha chiesto chiarimenti circa l’applicabilità dei principi di rateizzabilità delle plusvalenze generate con la cessione sottolineando la non iscrizione in bilancio dei beni immateriali oggetto della vendita.

Secondo l’istante il fatto ha irrilevanza per il riconoscimento della rateizzazione. L’ipotesi addotta dall’associazione è che il caso rientri nell’ambito di situazioni simili già oggetto di esame dell’Agenzia in documenti di prassi ove la non iscrizione di beni immateriali non ha ostacolato la rateizzazione delle plusvalenze in più esercizi.

Nella risposta n. 19 l’Agenzia delle Entrate precisa che la plusvalenza da cessione di marchi può essere rateizzata anche qualora i beni sono siano iscritti in bilancio se non ci sono spese per l’acquisto o la produzione sostenute dal cedente.


LA PLUSVALENZA DA CESSIONE DEL MARCHIO


La plusvalenza da cessione di un bene si genera qualora questa sia onerosa e si sostanzia della differenza tra costo non ammortizzato del bene e somma incassata, ricalcando l’articolo 86 comma 2 del TUIR.

Al successivo comma 4 il legislatore chiarisce le modalità con le quali imputare la plusvalenza. Stabilisce, infatti, che questa concorre alla formazione del reddito nell’esercizio in cui viene effettuata la cessione se il bene è stato posseduto per non meno di 3 anni.

In questo caso il contribuente ha la facoltà di scegliere, in dichiarazione, di frazionare l’utile generato in quote costanti non oltre 4 anni.


L’AGENZIA DELLE ENTRATE


L’Agenzia delle Entrate con riferimento alla fattispecie di cui all’ istanza ha ritenuto di dover adattare quanto precisato con la risoluzione ministeriale del 10/08/1991 n. 9/611 in tema di cessione di marchio.

In questa circostanza ha chiarito che la rateizzazione della plusvalenza da cessione di un bene non iscritto in bilancio è possibile ove per il suo acquisto o la sua produzione non sia stato sostenuto nessun costo.

L’Agenzia ha concluso che nella determinazione della plusvalenza il costo da porre a confronto con il realizzo è uguale a zero come se il bene stesso fosse stato completamente ammortizzato.


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