Il Consiglio di Stato, Sezione Prima, con la sentenza N. 1241/2023, ha sancito l’obbligo delle forze dell’ordine di evadere tempestivamente le istanze presentate dai cittadini. La decisione, resa pubblica il 7 maggio 2024, deriva da un ricorso straordinario presentato contro il Ministero della Difesa, riguardante una sanzione disciplinare inflitta al Maresciallo della compagnia dei Carabinieri.
di Redazione Compliancelegale
La vicenda
La vicenda trae origine dall’avviso di avvio del procedimento disciplinare di corpo datato 13 marzo 2021, con il quale il Comandante della Legione carabinieri ha comunicato al Maresciallo maggiore dell’Arma dei carabinieri che era stato avviato a suo carico un procedimento disciplinare finalizzato alla eventuale irrogazione di una sanzione disciplinare di corpo diversa dalla “consegna di rigore”, ritenendo di poter ravvisare una condotta censurabile ai sensi dell’art. 716 (iniziativa), dell’articolo 717 (senso di responsabilità) e dell’art. 732, commi 1 e 6, (contegno del militare) di cui al r.m., e contestando, conseguentemente, il seguente addebito: “il giorno 23 febbraio 2021, lo scrivente è venuto a conoscenza che la S.V., che nella medesima data era comandato in servizio ‘ricezione denunce e compilazione informative’ con orario 08:00-14:00, non ha ricevuto la denuncia-querela di una persona che, registrata in entrata in caserma alle ore 10:47, sarebbe potuta essere sentita a verbale alle ore 11:00 successive, al termine dell’attività da Lei svolta con altra persona e nel lasso di tempo intercorrente con l’audizione di altro cittadino, atteso dalla S.V. per le ore 11:30”.
Il giudicato del Consiglio di Stato
Tutte le censure mosse avverso il provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare sono state ritenute inammissibili nella parte in cui si addentrano nel merito delle valutazioni disciplinari ampiamente discrezionali dell’autorità militare, sia per la qualificazione del fatto, che per l’accertamento della responsabilità e dell’entità della sanzione.
Invero, il ricorrente mirava ad ottenere un riesame della valutazione operata dall’amministrazione di appartenenza e della conseguente sanzione irrogata; riesame che esula dal sindacato di legittimità del giudice amministrativo salvo che per evidenti profili di manifesto travisamento o manifesta illogicità, che palesino con immediatezza l’abnorme sproporzione tra l’infrazione e la sanzione, circostanza questa che non ricorre nella fattispecie in esame.
Secondo la costante giurisprudenza – richiamata dal medesimo Consiglio di Stato – “la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all’applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all’amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità (Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 2020, n. 1887; sez. IV, 21 gennaio 2020, n. 484; sez. IV, 15 gennaio 2020, n. 381; sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858; sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791; sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1968; sez. III, 20 marzo 2015, n. 1537)“.
Pertanto, continua il Collegio, “l’obbligo motivazionale è attenuato e assolto attraverso il puntuale riferimento al fatto addebitato, in relazione a condotte di particolare gravità che rendono insuscettibile di ridimensionamento la sanzione irrogata, in specie a fronte di comportamenti palesemente contrari ai principi di moralità e di rettitudine che devono improntare l’agire di un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato, a quelli di correttezza ed esemplarità propri dello status di militare e di appartenente all’arma dei carabinieri (Cons. Stato, sez. IV, n. 2107 del 2020)“.
Ribadisce, altresì, il Consiglio di Stato che: “il canone di specificità e distinzione esclude che il ricorso possa essere strutturato come generica critica del provvedimento impugnato, con conseguente traslazione sull’organo giurisdizionale dell’attività di ricerca e individuazione dei puntuali tratti e profili di illegittimità”.
Conclusioni
La sentenza in commento ribadisce l’obbligo per le forze dell’ordine di gestire tempestivamente le istanze dei cittadini sottolineando, al contempo, la necessità di una precisa articolazione delle motivazioni nei ricorsi presentati all’Autorità giudiziaria.
Nel caso di specie, il provvedimento conclusivo del procedimento disciplinare (cui ne è derivata l’irrogazione della sanzione) è stato ritenuto sufficientemente motivato tenuto conto:
- della puntuale indicazione della violazione contestata e del disvalore conseguente al comportamento commesso dall’interessato;
- che l’istruttoria eseguita ha chiaramente consentito di comprendere il ragionamento nell’ambito del procedimento (c.d. motivazione funzionale, cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. I, parere n. 1632 del 2023; Ad. plen. n. 15 del 2022; Cass. civ., sez. un., n. 25665 del 2023).
In tale ottica, ha ribadito il Supremo Consesso amministrativo che “ai fini della sufficienza della motivazione, non è necessario che l’amministrazione dia conto delle difese del militare e delle ragioni della loro inattendibilità, richiedendosi che sia chiaramente riportato il fatto oggetto di valutazione, le ragioni del disvalore attribuitogli, la violazione dei doveri ipotizzati (Cons. Stato, sez. I, parere n. 164 del 2021)“.
Il provvedimento, a mente del Collegio, “è stato preceduto da approfondita istruttoria e corredato da congrua, logica e coerente motivazione [in quanto, ndr.] l’amministrazione ha dato conto dell’esame delle giustificazioni prodotte dall’interessato nell’ambito del procedimento disciplinare nonché delle dichiarazioni rese dal carabiniere“.
Infine, “anche l’applicazione della misura afflittiva risulta conforme a parametri di ragionevolezza e proporzionalità rispetto alla rilevanza dell’illecito ascritto, considerato che la proporzionalità della sanzione disciplinare comminata ad un militare è una valutazione relativa, il cui metro di paragone è costituito dal dato fattuale contestato ed accertato dalla pubblica amministrazione“.
Desideri una consulenza o supporto legale? Scrivi alla nostra segreteria, ti contatteremo per approfondire la tematica e formulare il nostro miglior preventivo.
Condividi:
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Telegram (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per stampare (Si apre in una nuova finestra)