Rimozione della SCIA in autotutela: non vi è lesione del legittimo affidamento se sono rispettati i presupposti dettati dall’art. 21-nonies, L. 241/90.

Il Consiglio di Stato, con la Sentenza n. 5140/2023, ha affermato importanti principi in tema di esercizio del potere di annullamento in autotutela del provvedimento da parte dell’Amministrazione.

di Avv. Manuel Costa

La vicenda verteva in ordine alla rimozione degli effetti di una SCIA precedentemente rilasciata alle ricorrenti con riferimento ad attività commerciale (vendita al pubblico di alimenti e bevande).

Il Collegio giudicante, per la definizione della vicenda, muove il proprio ragionamento dal disposto di cui all’art. 19, co. 4 della L. 241/90, a mente del quale decorso il termine per l’adozione di provvedimenti inibitori o ripristinatori, l’Amministrazione “li adotta comunque”, purché “in presenza delle condizioni previste dall’articolo 21 nonies”.

Pertanto, l’applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 19, comma 4, e 21 nonies della L. 241/90 – si legge nella Sentenza in commento – “non muta la natura giuridica del potere inibitorio esercitabile dall’Amministrazione in relazione all’attività segnalata, tendendo soltanto a subordinare l’esercizio di tale potere […] al rispetto di specifiche condizioni, proprie dell’annullamento d’ufficio”.

Tali condizioni, invero, devono essere rintracciate:

– nel rispetto di un termine ragionevole per il ritiro (i.e. annullamento) del provvedimento precedentemente emanato;

– la sussistenza delle condizioni che consentano di identificare e preservare un corretto equilibrio tra le esigenze pubblicistiche e quelle di conservazione della situazione di vantaggio acquisita dal privato.

Dunque, rispettate le condizioni di cui sopra, in alcun modo potrebbe essere lamentata una lesione del legittimo affidamento ingenerata dal precedentemente rilascio del provvedimento (poi annullato) in favore del privato atteso che “secondo l’indirizzo condiviso della giurisprudenza amministrativa, perché possa vantarsi una legittima aspettativa del privato alla stabilità degli effetti alla base degli atti rimossi dell’Amministrazione, occorre che vi sia stata la buona fede del destinatario del provvedimento, la quale, nella specie, non può prescindere dalla diligenza di quest’ultimo circa la valutazione della corrispondenza della SCIA al quadro normativo di riferimento”.

Ad avviso dei giudici, pertanto, se da un lato deve sostenersi che l’affidamento “è un principio generale dell’azione amministrativa che opera in presenza di una attività della pubblica amministrazione che fa sorgere nel destinatario l’aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito di tale attività’” (così come già affermato nella precedente statuizione n. 5011 del 13 agosto 2020), dall’altro lato non può non tenersi in considerazione il principio della bilateralità dei doveri di collaborazione e buona fede nei rapporti fra privato e pubblica amministrazione, ai sensi del dettato normativo di cui all’art. 1, comma 2 bis, della L. 241/90.

Pertanto, sostiene il Supremo consesso amministrativo, “un affidamento incolpevole non è sostenibile laddove[…] sia stato il privato, violando le disposizioni [ratione materiae, ndr.] ad indurre il Comune ad emanare il provvedimento […] dovendosi rammentare quanto precisato dall’Adunanza Plenaria n. 19 del 2021 che: «la responsabilità dell’amministrazione per lesione dell’affidamento ingenerato nel destinatario di un suo provvedimento favorevole, poi annullato in sede giurisdizionale, postula che sulla sua legittimità sia sorto un ragionevole convincimento, il quale è escluso in caso di illegittimità evidente»”.

Da ultimo, una breve chiosa sulla doverosità – o meno – dell’esercizio del potere di conformazione ex art. 19, comma 3, della L. 241/90 da parte dell’Amministrazione (a mente del quale “qualora sia possibile conformare l’attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l’amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l’adozione di queste ultime”), essendo necessario che per il relativo esercizio sussistano i seguenti presupposti:

  1. che l’intervento sia astrattamente “coperto” dalla  SCIA,  e l’Amministrazione rilevi talune difformità che possono essere superate mediante l’esercizio del potere conformativo;
  2. che l’Amministrazione ritenga, per la natura delle difformità riscontrate, che si possa procedere alla conformazione. Se, invece, l’Amministrazione rileva che, per la gravità delle difformità, ciò non sia possibile, può inibire “direttamente” gli interventi senza l’intermediazione del potere conformativo.

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