La differenza fra Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA): il giudicato del TAR Lazio.

Il Tar del Lazio, con la Sentenza n. 2693 del 15 febbraio 2023, si è pronunciato in tema di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), delineandone le differenze sostanziali ed i presupposti da cui i medesimi procedimenti traggono origine.

di Avv. Manuel Costa



La vicenda in sintesi


La vicenda verte in ordine alla (lamentata) scelta dell’Amministrazione di procedere con l’aggiornamento ed il rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale – AIA, già in possesso della società operante nel settore dei rifiuti, anziché procedere con la sottoposizione alla Valutazione di Impatto Ambientale – VIA “nonostante la natura sostanziale delle modifiche apportate all’impianto” (si legge nella ricostruzione dei fatti in sentenza).

Il Collegio giudicante ha ritenuto infondate le doglianze esposte nell’ambito dell’appello, in virtù dell’errato presupposto da cui hanno originato le contestazioni dei ricorrenti, ovverosia l’asserita dicotomia fra la modifica sostanziale apportata sull’impianto di trattamento dei rifiuti e la Valutazione di Impatto Ambientale – VIA.

Fondamentalmente, i ricorrenti sostenevano che il necessario espletamento di un nuovo procedimento di VIA risultava obbligato in virtù della qualità degli interventi di riammodernamento resi sull’impianto in questione, erroneamente ritenuti come “sostanziali”.

In realtà, l’impianto è stato oggetto di mero revamping, ovverosia quella tipologia di intervento che “consiste in un ammodernamento dell’impianto e modernizzazione della tecnica di trattamento dei rifiuti; esso, per definizione, riguarda strutture già esistenti e in attività ed è teso a migliorare la capacità dell’impianto e le sue prestazioni […]”.

Pertanto, un intervento di revamping – atteso che “l’attività dell’impianto non risulta strutturalmente alterata ma, appunto, ammodernata” – non può che essere valutata (così come correttamente avvenuto) in regime di AIA, “escludendo la necessità di procedere a rilascio di nuova VIA, trattandosi di attività volta a incidere sulle modalità tecniche e gestionali dell’impianto e sul suo ammodernamento e non invece a determinare l’incremento delle sue esternalità negative”.

Come detto, invero, il revamping non prevede incrementi quantitativi (citando testualmente il Collegio giudicante) ma esclusivamente un ammodernamento complessivo dell’impianto e, pertanto, non ricade in nessuna delle fattispecie indicate nell’allegato III o allegato IV alla parte seconda del d.lgs. n. 152/2006 (i.e. Codice dell’Ambiente), ovvero da dover sottoporre preliminarmente a nuova verifica di assoggettabilità a VIA e/o a VIA.


Il ragionamento reso dal TAR ed i principi affermati in Sentenza


Osserva, il Collegio, che “in tema di protezione dell’ambiente e autorizzazioni in materia ambientale, la valutazione di impatto ambientale si sostanzia in una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio-economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione-zero”.

Invero, “la funzione della VIA è preordinata alla salvaguardia dell’habitat nel quale l’uomo vive, che assurge a valore primario ed assoluto, in quanto espressivo della personalità umana attribuendo ad ogni singolo un autentico diritto fondamentale, di derivazione comunitaria”.

Dunque, per quanto di specifico interesse, il Collegio – nel richiamare la granitica giurisprudenza del Consiglio di Stato – rileva che “la VIA si differenzia dall’AIA, che incide sugli aspetti gestionali dell’impianto e sostituisce, con un unico titolo abilitativo, tutti i numerosi titoli che erano invece precedentemente necessari per far funzionare un impianto industriale inquinante, assicurando così efficacia, efficienza, speditezza ed economicità all’azione amministrativa nel giusto contemperamento degli interessi pubblici e privati in gioco (cfr. Cons. Stato, Sez. II, n. 2949 del 12 aprile 2021).

Da ciò deriva che il procedimento per la valutazione d’impatto ambientale (VIA) e quello per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) sono preordinati ad accertamenti diversi ed autonomi (Cons. Stato, Sez. V, 6 luglio 2016, n. 3000; id., 26 gennaio 2015, n. 313)”.


Sulla legittimità ed illegittimità delle prescrizioni di obbligo indicate nel provvedimento


Da ultimo, in ordine alla tipologia di prescrizioni addotte all’interno del provvedimento amministrativo conclusivo, il Collegio rileva che “esse non valgono a invalidarne o revocare in dubbio la validità e efficacia, in particolare laddove si tratti di prescrizioni aventi contenuto generale”.

Al contrario, si appalesa illegittima l’AIA che contenga prescrizioni d’obbligo su elementi progettuali “in quanto trasferisce all’esterno del procedimento la valutazione e la definizione di parti progettuali che invece dovevano esser già apprezzate ab interno, così capovolgendo finanche la stessa ratio formale e sostanziale di simili atti, che intendono per l’appunto valutare ex ante (e non già ex post) l’impatto ambientale e dunque saggiare in qual modo l’attività d’autorizzarsi possa inserirsi e con quali accorgimenti e mitigazioni in un dato “contesto ambientale” (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 23 settembre 2021, n.1387).

Non appare, invece, illegittima l’AIA che contenga prescrizioni d’obbligo che si aggiungano – attenendo esclusivamente alla fase esecutivaad un progetto completo e vagliato in seno alla conferenza di servizi, come avvenuto nel caso in esame”.


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