Corte Costituzionale n. 148/2021: Illegittima la limitazione della rinnovazione della notificazione del ricorso nel processo amministrativo

Con sentenza 9 luglio 2021, n. 148, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 44, comma 4, d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (c.d. Codice del Processo Amministrativo) in materia di vizi del ricorso e della notificazione, limitatamente alle parole “se ritiene che l’esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante”, atteso che lo sbarramento previsto dal legislatore alle sole ipotesi in cui la nullità non sia imputabile al notificante non sarebbe proporzionata agli effetti che ne derivano.

Di Avv. Claudio Tuveri


Premessa: l’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale da parte del Consiglio di Stato


In primo luogo, occorre ricordare che ai sensi dell’art. 44, comma 4, del cod. proc. amm., nei casi in cui sia nulla la notificazione e il destinatario non si costituisca in giudizio, il Giudice, se ritiene che l’esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante, fissa al ricorrente un termine perentorio per rinnovarla, impedendo così ogni decadenza.

Stante il sopraricordato disposto normativo, con ordinanza del 20 aprile 2020, il Consiglio di Stato, Sezione V – nel corso di un giudizio di gravame promosso da alcuni eredi legittimi avverso la decisione del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, che aveva disatteso l’impugnativa proposta contro l’atto ministeriale di riconoscimento parziale dell’indennità sostitutiva per ferie non godute dal de cuius, nella qualità di magistrato ordinario in servizio – ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 76, 111, 113 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione ai «principi generali nella materia dell’equo processo e agli obblighi internazionali che ne derivano» ai sensi dell’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), questioni di legittimità costituzionale dell’art. 44, comma 4, del Codice del Processo Amministrativo, limitatamente alle parole “se ritiene che l’esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante”.

In particolare, secondo il Consiglio di Stato rimettente, la norma in questione, nella parte in cui avrebbe limitato la facoltà del giudice amministrativo di ordinare la rinnovazione della notificazione nulla del ricorso – nel caso in cui il destinatario non si sia costituito nel giudizio – alle sole ipotesi in cui l’esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante, violerebbe, in primo luogo, l’art. 76 della Costituzione, per eccesso di delega, poiché la rilevata limitazione contrasterebbe con il fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile, in quanto espressione di principi generali, e di assicurare la concentrazione delle tutele, fine indicato dall’art. 44, comma 1, della legge di delega 18 giugno 2009, n. 69, recante «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile».

La limitazione posta dalla norma censurata sarebbe, infatti – per il Consiglio di Stato rimettente – in contrasto con il regime processuale antecedente all’adozione del codice del processo amministrativo, nonché con quelli propri del processo civile, tributario e contabile, in cui vige il principio generale di rinnovazione della notificazione in ogni ipotesi di nullità, di cui all’art. 291, primo comma, cod. proc. civ.

Essa contrasterebbe, altresì, con il criterio direttivo di assicurare l’effettività della tutela, enunciato dall’art. 44, comma 2, lettera a), della legge delega.

In secondo luogo, ha affermato sempre il Consiglio di Stato nella ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale, sarebbero violati gli artt. 3, 24, 111, 113 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 della CEDU per l’irragionevolezza e il difetto di proporzionalità della soluzione adottata nonché per la lesione:

a) del diritto di difesa e del suo corollario dell’effettività della tutela giurisdizionale;

b) della garanzia di salvaguardia delle situazioni giuridiche soggettive e, in particolare, degli interessi legittimi;

c) del diritto ad un giusto ed equo processo.

Ed infatti, per un errore nella notifica avente un rilievo meramente formale, si finirebbe per porre un ostacolo procedurale, atto a precludere definitivamente alla parte la possibilità di far valere la propria situazione giuridica soggettiva dinanzi ad un giudice, con una sostanziale negazione del “diritto” invocato e con la conseguente definitiva frustrazione della legittima aspettativa al conseguimento del “bene della vita”, senza un giusto equilibrio tra gli interessi pubblici e privati in gioco.


La sentenza della Corte Costituzionale n. 148/2021


A fronte della ordinanza del Consiglio di Stato sopra citata, la Corte Costituzionale ha statuito con sentenza 9 luglio 2021 n. 148, affermando quanto segue.

Innanzitutto, è stata ritenuta manifestamente infondata la questione sollevata in riferimento all’art. 76 Cost., richiamando sostanzialmente le sue stesse precedenti argomentazioni contenute nelle sentenze n. 18 del 2014 e n. 132 del 2018, circa:

  • da un lato, la ritenuta assenza di un contrasto con l’art. 291, primo comma, cod. proc. civ. in quanto quest’ultimo non espressivo di un principio generale del processo, come tale compatibile anche con il giudizio amministrativo e a questo naturaliter riferibile;
  • dall’altro, che non può essere riconosciuta valenza di principio generale all’art. 291 cod. proc. civ. e che «la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato precedente all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo escludeva la rinnovazione in caso di nullità imputabile al notificante, valorizzando la peculiare struttura del processo amministrativo.

La Corte Costituzionale, per contro, ha ritenuto fondate le questioni sollevate dal Consiglio di Stato in riferimento agli ulteriori parametri di cui agli artt. 3, 24 e 113 Cost., con assorbimento degli altri.

In particolare, la Corte, premesso che secondo il suo costante orientamento il legislatore dispone di un’ampia discrezionalità nella conformazione degli istituti processuali, incontrando il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute, che viene superato qualora emerga un’ingiustificabile compressione del diritto di agire in giudizio (ex multis, sentenze n. 102 del 2021, n. 253, n. 95, n. 80, n. 79 del 2020 e n. 271 del 2019), ha affermato che “la norma censurata sacrifica in modo irragionevole l’esigenza di preservare gli effetti sostanziali e processuali della domanda e conduce ad esiti sproporzionati rispetto al fine cui la norma stessa tende”.

Nello specifico, a mente della Corte Costituzionale, la sproporzione tra il mezzo e il fine è data dall’effetto combinato che sull’esercizio del diritto di azione producono, da un lato, la denunciata limitazione alla rinnovazione della notifica e, dall’altro, la decadenza dall’impugnazione degli atti amministrativi allo spirare del termine di sessanta giorni di cui all’art. 29 cod. proc. amm.

In buona sostanza, l’iter logico-argomentativo seguito dalla Corte si basa sul presupposto per cui “l’effetto di impedimento della decadenza va, in definitiva, ricollegato all’esercizio dell’azione entro il termine perentorio, ma non può essere escluso dalla nullità della notificazione, non integrando quest’ultima un elemento costitutivo dell’atto che ne forma oggetto, bensì assolvendo ad una funzione, strumentale e servente, di conoscenza legale e di instaurazione del contraddittorio.

Ed è proprio in ragione del rapporto di accessorietà che intercorre tra il procedimento notificatorio e l’atto da notificare che si giustifica il meccanismo processuale della rinnovazione della notifica che risulti affetta da vizi che non siano di gravità tale da decretarne l’inesistenza”.

In conclusione, con la sentenza in commento, la Corte Costituzionale, per le ragioni anzidette, ha dunque dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 44, comma 4, cod. proc. amm., limitatamente alla locuzione «se ritiene che l’esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante».


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