Parere tardivo della Soprintendenza nella Conferenza di Servizi: si applica il silenzio assenso ai sensi dell’art. 17-bis, L. 241/90.

Nel solco del più ampio dibattito (nonché contrasto) giurisprudenziale sul tema, da ultimo, il Consiglio di Stato, sez. IV, ha statuito con la Sentenza n. 8610/2023 che il silenzio assenso ex art. 17 bis, L. 241/90 è applicabile finanche al parere della Soprintendenza nell’ambito della Conferenza di Servizi.

di Avv. Manuel Costa

Il Collegio ripercorre l’ampio contrasto giurisprudenziale attualmente vigente sul tema (ne avevamo parlato in questo articolo) all’esisto di un’articolatissima sentenza in cui vengono vagliati non solo principi e canoni di esegesi normativa, ma anche pareri e circolari ministeriali medio tempore pubblicate al riguardo, prendendo nettamente posizione nei termini che seguono: “alla luce delle complessive considerazioni che precedono, il parere della Soprintendenza reso tardivamente nell’ambito di una conferenza di servizi è tamquam non esset”.

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In particolare, il Supremo Consesso amministrativo ha avuto modo di elaborare ed affermare i seguenti principi.

  1. I pareri vincolanti, come quello che viene in esame nella specie (…) non possono essere disattesi dall’amministrazione. Per tale ragione, non pare possa essere negato (…) che, in una prospettiva sostanziale, un parere che, come quello in esame, non lasci nessuno spazio di scelta in capo all’organo di amministrazione attiva non esprime nessuna consulenza, ma pone in essere una decisione preliminare, sicché solo atecnicamente può essere definito alla stregua di «parere»”.
  2. Invero, (…) dovrebbe concludersi che i pareri vincolanti determinano il contenuto della decisione finale, per cui bisognerebbe espungerli dal novero degli atti preparatori e ricondurli nell’ambito di quelli decisori o co-decisori”.
  3. Tale impostazione trova conferma, sul piano sistematico, negli artt. 16 e 17 e nell’art. 17-bis, della legge sul procedimento amministrativo, aventi rispettivamente a oggetto i pareri istruttori (e le valutazioni tecniche) e quelli decisori. E in effetti, con riferimento ai pareri meramente istruttori, di cui al citato art. 17, il legislatore ha ritenuto non configurabile il silenzio assenso. (…) Di contro, nella fattispecie di cui all’art. 17-bis (…) si configura una decisione “a doppia chiave” e dunque – un’ipotesi di cogestione della funzione (c.d. decisione pluristrutturata). In tal caso, pertanto, l’eventuale silenzio serbato dell’autorità co-decidente consolida la scelta dell’autorità procedente, che è comunque dotata di competenza (sia pure non esclusiva) in materia”.
  4. La tesi che esclude l’applicazione del silenzio assenso verticale al parere da rendere, da parte della Soprintendenza, nell’ambito del procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica contraddice anche la ratio dell’art. 17- bis, comunemente intesa come funzionale a evitare che, ove il procedimento debba concludersi con l’adozione di una decisione pluristrutturata, la condotta inerte dell’amministrazione interpellata possa produrre un arresto del procedimento, impedendo la tempestiva adozione della determinazione conclusiva”.
  5. Ulteriori indici ermeneutici in favore della tesi della natura codecisoria del parere della Soprintendenza si ricavano anche dal d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31 (…) Tale disposizione è chiarissima nel qualificare il parere (semplificato) della soprintendenza come atto codecisorio ai sensi dell’art. 17-bis (…). Osserva il citato parere che, in linea di massima, gli artt. 16 e 17 fanno riferimento ad atti di altre amministrazioni da acquisire (al di là del nomen iuris), nella fase istruttoria, mentre l’art. 17-bis fa riferimento ad atti da acquisire nella fase decisoria, dopo che l’istruttoria si è chiusa“.
  6. L’art. 17-bis è, quindi, destinato ad applicarsi solo ai procedimenti caratterizzati da una fase decisoria pluristrutturata e, dunque, nei casi in cui l’atto da acquisire, al di là del nomen iuris, abbia valenza co-decisoria. (…) La disposizione in esame richiede, pertanto, che le due Amministrazioni (quella titolare del procedimento e quella interpellata) condividano la funzione decisoria, nel senso che entrambe devono essere titolari di una funzione decisoria sostanziale“.
  7. In tale caso, la natura vincolante del parere garantisce che lo Stato mantenga un ruolo determinante rispetto al merito della procedura autorizzatoria; -dall’altro, nell’ipotesi in cui l’amministrazione interpellata sia rimasta inerte, l’amministrazione procedente valuta comunque l’interesse pubblico affidato alla cura dell’amministrazione interpellata, assumendo, all’esito della formazione del silenzio assenso ex art. 17 bis l. n. 241/90, una decisione conclusiva del procedimento (comunque necessaria) che tenga in debita considerazione anche l’interesse pubblico sotteso all’atto di assenso implicitamente acquisito. In tale maniera si assicura non soltanto la tempestiva adozione della decisione finale, ma anche un’adeguata protezione di tutti gli interessi pubblici coinvolti nell’esercizio del potere, pure in assenza di una determinazione espressa dell’Amministrazione interpellata. Nell’analisi, appena svolta, delle singole fasi di cui si compone il procedimento di autorizzazione paesaggistica trova, pertanto, conferma l’assunto per cui, nei casi in cui opera il silenzio assenso, l’interesse sensibile dovrà comunque essere oggetto di valutazione, comparazione e bilanciamento da parte dell’amministrazione procedente“.
  8. in caso di mancata attivazione entro i termini, resta ferma la possibilità della Soprintendenza di poter agire in autotutela secondo il principio del contrarius actus (che la giurisprudenza amministrativa ha in più occasioni richiamato con riferimento all’autotutela sui provvedimenti adottati all’esito della conferenza di servizi) in base al quale l’eventuale esercizio dell’autotutela deve seguire il medesimo procedimento d’emanazione dell’atto che si intende rimuovere o modificare. Questo significa che l’amministrazione autrice dell’assenso silenzioso non potrà limitarsi ad esprimere il proprio sopravvenuto dissenso, ma dovrà sollecitare l’avvio del procedimento di riesame, condotto dall’amministrazione procedente, secondo le regole dell’art. 21-nonies o 21-quinquies. evidenziando le ragioni di illegittimità o le ragioni che giustificherebbero la revoca dell’atto, nell’ottica del principio di leale collaborazione tra Amministrazioni. Tale conclusione trova, del resto, con riferimento alla fattispecie della conferenza di servizi, un riconoscimento espresso nell’art. 14-quater, comma 2, l. 241 del 1990 (…)”.
  9. L’applicazione del silenzio assenso orizzontale al parere paesaggistico è stata espressamente affermata dal Ministero dei Beni culturali con le circolari 10 novembre 2015, prot. n. 27158 e 20 luglio 2016, prot. 21892“.
  10. Sul piano dell’intentio legis, la previsione è, peraltro, espressione della volontà politico-legislativa di superare le discussioni, registratesi nel previgente quadro normativo, in ordine al vizio che affliggeva il provvedimento tardivo. (…) Sotto il profilo teleologico, infine, la locuzione utilizzata dal legislatore mira a chiarire definitivamente che l’organo che si pronuncia tardivamente ha perso il potere di decidere: dunque il suo atto, adottato in carenza di potere relativamente ad uno specifico progetto, è privo di effetti nell’ordinamento amministrativo. (…) In conclusione, alla luce delle complessive considerazioni che precedono, il parere della Soprintendenza reso tardivamente nell’ambito di una conferenza di servizi è tamquam non esset“.

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